Fast Fashion: un modello di business insostenibile per ambiente e lavoratori

Fast Fashion: un modello di business insostenibile per ambiente e lavoratori

La proliferazione del fast fashion ha avuto un impatto ambientale senza precedenti. Con il raddoppio della produzione negli ultimi 20 anni a fronte di un aumento della popolazione di solo il 28%, l’industria della moda va evidentemente ripensata in ottica circolare e sostenibile.

Il fenomeno del Fast Fashion è uno dei più dibattuti nella moda e si tratta della produzione di capi economici dal grande impatto ambientale. Come combatterlo?

Fast Fashion: un modello di business insostenibile per ambiente e lavoratori

Che cosa ha di diverso un paio di jeans sostenibili rispetto ad uno prodotto secondo i tradizionali processi industriali? Oltre a qualche dettaglio e rifinitura apparentemente sembrano uguali eppure la produzione tradizionale può richiedere fino a 10.000 litri di acqua per produrre un singolo capo di jeans, un’esagerazione se si pensa che prodotti sostenibile ne richiedono al massimo 200.

Purtroppo la maggior parte dei nostri indumenti sono prodotti in modo industriale in aziende site in paesi poveri in cui, molto spesso, i lavoratori sono minorenni e privi di tutele. In questo articolo vi spiegheremo come ognuno di noi può contribuire a un sistema moda più virtuoso, sostenibile ed etico.

Da dover partiamo?

Sostanzialmente la base del problema è il modo di produrre vestiti attraverso un modello di business chiamato Fast Fashion: in pochi sanno che questo termine è simile al fast-food quindi è basato sulla velocità e sull’eccesso. Il Fast Fashion è caratterizzato da due principali problemi: quantità e qualità. Si producono tanti, troppi vestiti di bassa qualità. Mentre una volta le stagioni della moda erano caratterizzate principalmente da una collezione primavera-estate e da una collezione autunno-inverno, adesso si arrivano a produrre fino a 52 collezioni ogni anno e a volte anche di più; ovviamente tutti questi capi di abbigliamento sono molto difficili da smaltire, finendo in discarica. Inoltre sono difficili da riciclare.

Il problema è anche la qualità perché gli abiti Fast Fashion sono progettati per non durare: sono realizzati con budget molto, molto bassi e sono studiati per danneggiarsi rapidamente in lavatrice dopo pochi lavaggi. Il risultato? Acquisti sbagliati di prodotti di bassa qualità e sempre in maggiori quantità.

La logica del Fast Fashion è in realtà critica in tutte le fasi della filiera. I pesticidi, per esempio, non sono utilizzati solo nella produzione di cibo ma vengono utilizzati in modo massiccio anche nella produzione di una delle fibre molto diffusa nell’industria tessile come il cotone. In India, circa 5,8 milioni di persone lavorano nelle piantagioni di cotone e in moltissimi si ammalano gravemente proprio per l’utilizzo dei pesticidi che causano gravi malattie respiratorie e tumori.

Un altro problema è quello relativo alle micro plastiche: un maglione in acrilico, un costume da bagno o delle scarpe da ginnastica hanno in comune il fatto di essere composti da plastica, un materiale sintetico che tende a sminuzzarsi ad ogni lavaggio. Le lavatrici non sono in grado di filtrare queste microscopiche particelle di fibra che quindi vengono rilasciate nell’ambiente finendo in mare e ingerite dai pesci, rientrano così nella catena alimentare anche dell’uomo.

Dobbiamo considerare anche il problema dell’inquinamento idrico: molte delle tinture utilizzate per produrre i nostri vestiti non sono affatto sostenibili e rendono completamente sterili alcuni terreni che sono utilizzati dalle popolazioni locali per coltivare. Infine non dobbiamo tralasciare l’inquinamento più classico: siamo tutti a conoscenza delle emissioni di CO2. Anche qui l’industria della moda non se la cava bene, infatti è responsabile per circa dell’8% delle emissioni.

A tutto questo si aggiunge un problema sociale rilevante: la condizione dei lavoratori. Moltissimi giovani, spesso minorenni, lavorano in fabbrica in condizioni pessime e pericolose per tante ore al giorno. Ci sono persino stati casi di maltrattamenti, violenze o segnalazioni, completamente ignorate, di crepe e danni strutturali agli edifici che hanno determinato crolli e morti sepolti sotto le macerie.

Chi immaginava che dietro alla produzione di abiti Fast Fashion ci potesse essere così tanta sofferenza?

Cosa possiamo fare nel nostro piccolo?

Il percorso di sostenibilità è un percorso estremamente personale però se non sapete da dove iniziare seguite questi cinque spunti.

Il primo è cambiare prospettiva perché ormai non possiamo più acquistare prodotti di scarsa qualità ma dobbiamo acquistare oggetti migliori che dureranno a lungo, ripararli e prendersi cura degli oggetti che già abbiamo.

Il secondo è quello di conoscere il costo per uso: non sempre la maglietta a 3 euro risulta più economica di una con cartellino 25 €. La maglietta economica che si distrugge dopo pochi lavaggi in lavatrice ha un costo per uso molto più alto rispetto una maglietta che magari costa 25 € e che durerà per anni.

Il terzo è l’acquisto di abbigliamento di seconda mano. Negli ultimi decenni abbiamo abbiamo prodotto così tanto abbigliamento da poter vivere di vestiti di seconda mano praticamente per sempre: recatevi nella bottega sotto casa o presso i tantissimi mercatini dell’usato presenti su tutto il territorio italiano per spulciare e trovare il capo che fa per voi.

Il quarto spunto è quello di imparare a conoscere i materiali poiché non sono tutti uguali. Uno stesso materiale può essere più o meno sostenibile: per esempio il cotone può essere un cotone certificato da enti autorizzati che certificano la produzione con un ridotto consumo di acqua, senza pesticidi; sicuramente un cotone molto diverso rispetto a quello tradizionale che tutti conosciamo. Anche tra i materiali sintetici ci sono differenze: per esempio un nylon tradizionale è diverso da un nylon prodotto in Italia ricavato dal riciclo delle reti da pesca o da altri rifiuti in plastica.

Lo spunto e il consiglio più importante è il passaparola e il buon esempio. Viviamo con altre persone in una società e quindi tutte le nostre azioni hanno un impatto molto forte verso l’esterno. Non soltanto perché l’azione di per sé è buona ma perché la stessa azione viene osservata in modo molto attento da altre persone. Quando acquistiamo capi ecosostenibili, stiamo allo stesso tempo inviando un messaggio anche a tutti coloro che ci circondano, trasferendo un messaggio positivo di economia circolare .

Dare l’esempio è molto più importante rispetto a predicare la sostenibilità .

Tratto da TEDx Talks